Dantedì: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Oggi 25 marzo si celebra il Dantedì, il giorno in cui secondo gli studiosi della Divina Commedia inizia il viaggio di Dante dell’aldilà. Inoltre quest’anno ricorrono i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta, venuto a mancare nel settembre del 1321 a Ravenna, dopo aver contratto la malaria. 

La Divina Commedia è considerata una delle opere più importanti mai scritte, ed è suddivisa in tre cantiche: Inferno, Purgatorio e Paradiso, ciascuna composta da 33 canti, ad esclusione dell’Inferno che presenta un canto introduttivo.

Dante conduce un viaggio immaginario e suggestivo nell’aldilà, accompagnato da Virgilio dall’Inferno al Purgatorio, mentre Beatrice lo conduce nel Paradiso. Tra gironi infernali, cornici e cieli, il Poeta incontra moltissimi personaggi storici, che in base alla loro condotta in vita sono collocati nell’aldilà. Interagendo con le anime, Dante apre una serie di spaccati sulle storie dei vari personaggi, è come immergersi ogni volta in una mini-storia a se. 

L‘Inferno è sicuramente la cantica che ha destato più stupore, attraverso la descrizione cruda del regno di Lucifero e i tremendi supplizi a cui vengono sottoposte le anime, in base ai peccati da redimere.

Tra i canti più conosciuti si colloca il V dell’Inferno, per il tragico epilogo della storia d’amore tra i giovani Paolo e Francesca:

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove ’l Po discende
per aver pace co’ seguaci sui.

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ’l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangea; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

Questa storia così commovente non lasciò indifferenti neanche gli artisti, soprattutto quelli dell’800, tra cui ricordiamo Gaetano Previati, che dedicò ai due innamorati ben due opere.

 

 

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